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#ArtissimaLive – LE DÉJEUNER SUR L’HERBE: i protagonisti del Piper club di Torino

7 Novembre 2017 #ArtissimaLive

Pietro Derossi, Graziella Gay, Piero Gilardi, Clino Castelli, Tommaso Trini e Fulvio Ferrari, con la moderazione di Luca Cerizza e Maria Teresa Roberto, raccontano la nascita e l’attività del Piper club di Torino.

La redazione KABUL magazine rende disponibile la registrazione della tavola rotonda intitolata Le déjuner sur l’herbe, che si è tenuta domenica 5 novembre, nell’ambito di PIPER. Learning at the discotheque, il programma di incontri pensato da the classroom (Paola Nicolin) per Artissima 2017.

Le déjuner sur l’herbe, sin dalle prime battute, si presenta come il momento in cui ricostruire in modo informale la storia del Piper, attraverso la testimonianza dei protagonisti che hanno dato vita e animato la discoteca torinese. Graziella Guy apre l’incontro raccontando come il Piper di Torino, sulla scia dell’omonimo locale romano nato due anni prima, nasca dall’unione di una visione imprenditoriale con la forza creativa e innovatrice degli architetti, dei designer, degli artisti e dei musicisti che vi hanno militato. La storia del locale è caratterizzata da entusiasmi, momenti di grande successo e persino contrasti con la classe più conservatrice. La vera anima del Piper si afferma infatti in seguito al tentativo di ostruzionismo, avvenuto poco dopo la sua apertura da parte della compagine altolocata torinese che inizialmente aveva deciso di investire sul progetto. Questa, spaventata dalla flessibilità e dall’apertura che il Piper incarna, ne propone la chiusura immediata. È in questo momento che Graziella Guy e Pietro Derossi (architetto e ideatore del locale), allora ricercatore universitario, decidono di assumere la gestione della discoteca. Presentandosi come una radicale alternativa alla tradizionale ‘sala da ballo’, il Piper rappresenta un luogo in cui la diversità e la pluralità sono spontaneamente accettate. È uno spazio di ricerca e azione, ma soprattutto un luogo in cui linguaggi differenti ed esperienze molto diverse tra loro possono interscambiarsi. Nel corso della conversazione, soprattutto grazie alla testimonianza di Tommaso Trini (storico dell’arte), sono ricordate le azioni di Michelangelo Pistoletto e di Piero Gilardi, presente al tavolo, gli interventi di Mario Schifano e Alighiero Boetti, di Gianni Piacentino e Gilberto Zorio, fino a rievocare le esperienze Fluxus, tangenti allo spirito del club.

La forza del Piper risiede nella comunanza di intenti, ciò che Trini definisce «acting together». Il Piper si presentava come uno spazio in cui fare persino critica attivista e politica militante. Piero Gilardi (artista) racconta la seconda metà degli anni ’60 come anni cruciali del cambiamento, a livello politico, etico, sociale, del costume. «Un coacervo di idee nuove si intrecciavano» (Gilardi). Voci ed energie si uniscono per contrastare e abbattere la società fordista. Si tratta di un cambiamento che, come sappiamo, investe anche le arti segnando il passaggio «dall’arte della rappresentazione all’arte del vissuto». Nel ’67, infatti, l’artista torinese presenta al Piper i suoi vestiti-natura, paesaggi da indossare per generare e recuperare un rapporto intimo, un’esperienza personale, con una natura che, esattamente come oggi, appare sempre più bistrattata dall’industrializzazione e dal mercato.

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