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Artissima Stories: Fatima Maleki in conversazione con Karen Levy

3 Ottobre 2019 Artissima Stories

Qual è il vostro rapporto con la performance art?

FATIMA MALEKI: La performance è una forma d’arte vitale che ci appassiona molto. Di recente abbiamo organizzato una serata a casa nostra con giovani performer: ci siamo immersi nell’esperienza ed è stato straordinario vedere i nostri ospiti interagire con l’azione e gli artisti. La performance consente al pubblico di interagire con l’arte al di là della fisicità dell’oggetto ed è per questo che è così importante nell’aprire nuovi dialoghi e modalità di partecipazione.

KAREN LEVY: La performance, per sua natura, è effimera. Non si tratta solo delle azioni eseguite dall’artista, ma anche dell’esperienza che scaturisce da quelle azioni in quel particolare momento. Di conseguenza, collezionare performance risulta difficile. In Cina, l’arte performativa è una delle aree più dinamiche e controverse della pratica artistica sperimentale a causa del ruolo del corpo come mezzo per esprimere la creatività e le aspirazioni politiche. Abbiamo collezionato foto e video che documentano queste azioni, in particolare di Zhang Huan.

Preferite acquistare o commissionare una nuova opera di giovani artisti? Commissionando un lavoro, vi sentite in qualche modo parte del processo creativo?

FM: Siamo sempre stati vicini agli artisti e abbiamo commissionato molte volte opere site- specific, sia di artisti più giovani come Bea Bonafini, che di artisti affermati come Antony Gormley. Essere connessi al processo creativo è meraviglioso e gratificante, oltre che stimolante. È necessaria molta fiducia da entrambe le parti: sia da parte dell’artista che del collezionista. Continuiamo ad acquisire il lavoro di giovani artisti e supportarli ovunque possibile.

KL: Ci piace commissionare; ci permette di collezionare l’intero processo di creazione dell’opera d’arte attraverso foto, video e schizzi. Quando il lavoro viene mostrata insieme a tutto questo materiale di ricerca, esso viene umanizzato.

Collezionare è contagioso? Come è accaduto per voi? Potete dirci se c’è stato un collezionista in particolare che vi ha coinvolto?

KL: Dirò che più che essere contagioso, collezionare crea dipendenza. Il collezionismo è prima di tutto un percorso personale che aiuta una persona comune ad avere una vita straordinaria.

FM: La nostra storia inizia con la rivoluzione in Iran, ed è stato un viaggio molto complicato e lungo, di cui spero di poter parlare un giorno. Entrambi i nostri genitori erano collezionisti e penso che il DNA sia impresso in noi. Il collezionismo occupa una grande parte della nostra vita, con molte inaugurazioni e cene a cui partecipare, e tutto ciò che implica tenere il passo con i nuovi sviluppi nell’arte. Viaggiamo nel mondo, per mostre ed eventi d’arte. Il collezionismo è iniziato per noi negli anni ’80, in modo piuttosto incerto, e da allora è cresciuto molto organicamente.

Come vi avvicinate alla visita di una fiera? Pianificate in anticipo e fate un piano di battaglia?

KL: Non ho mai avuto un piano di battaglia prima di visitare una fiera. Una fiera per me è un luogo ideale per fare incontri con opere d’arte e persone.

FM: Il modo migliore per vivere una fiera d’arte è godersi l’esperienza! In fondo, andare a una fiera è in primis un viaggio per vedere arte. Noi pianifichiamo in anticipo, con precisione quasi militare: stiliamo un elenco di priorità e di stand che vogliamo assolutamente visitare; poi, dopo che aver visto quello che ci proponevamo, abbiamo sempre la possibilità di passeggiare per la fiera.

Come valutate una fiera? Che cosa conta per voi?

FM: Il metro fondamentale di ogni fiera d’arte è la qualità del lavoro presentato, che è sempre il fattore più importante. Quello che cerchiamo è l’eccellenza e il contatto con cose nuove e fresche. Mi piacciono molto anche le piccole fiere locali, dove posso scoprire opere e artisti della zona. E ci aspettiamo molto anche dal programma di eventi organizzati dalla fiera.

KL: Ciò che fa la differenza per me è innanzitutto la qualità e la diversità delle opere che posso trovare in una fiera d’arte. In secondo luogo, gli incontri che possono essere fatti. In terzo luogo, tutti gli eventi organizzati attorno all’arte.

Qual è la cosa più speciale di Artissima per voi?

FM: L’opportunità di vedere il lavoro di artisti italiani emergenti e affermati.

KL: Artissima è una fiera molto professionale, con grandi gallerie affermate che mostrano il loro lavoro. Mi piacciono tutti gli eventi collaterali organizzati nel contesto della fiera e nei dintorni di Torino. Alcuni rituali del mondo dell’arte hanno una loro particolare dolcezza.

Vi piace Torino? Avete dei posti preferiti? E avete sviluppato delle tradizioni?

KL: Torino è una città meravigliosa. La fondazione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è la nostra prima tappa. Inoltre, non ci perdiamo mai il Castello di Rivoli, né di cenare nel meraviglioso ristorante circondati da magnifiche opere di Castellani. Il Museo Egizio è il migliore che abbia mai visto. E, naturalmente, Artissima si svolge durante la stagione del tartufo… i tartufi sono da non perdere.

FM: Torino è un misto tra una città mediterranea e una alpina. Amo l’atmosfera dei caffè e dei portici. Naturalmente Palazzo Reale è un must. Tra i miei posti preferiti per la cucina, nominerei il Pastificio Defilippis, dove “La pasta è fatta a mano dal 1872”, e La Sciamadda per il pesce.

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