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Intervista con Maurizio Vetrugno Opium Den #ArtissimaLive

3 Novembre 2015

La Vip Lounge della fiera diventa una scultura unica in cui diversi elementi concettuali si intrecciano: arte antica unita al sapore modernista di sedute, luci e tavoli, orientalismo piemontese e smalti cinesi raffiguranti scene arcadiche europee…

E’ uno dei luoghi più attesi dell’intera fiera. Dai racconti di Maurizio Vetrugno, l’artista che ha curato la ‘trasformazione’ della Vip Lounge di Artissima, si evince che avremo la sensazione non solo di essere trasportati in un altro luogo molto lontano da Torino, ma anche nel tempo, in ere antiche e, per noi occidentali, misteriose. E’ la Cina la protagonista di “Opium Den” – questo il titolo scelto da Vetrugno -, nelle sue tante sfaccettature culturali, artistiche e storiche. Nella conversazione-fiume che ho avuto con l’artista, la sensazione è quella di essere travolti da oggetti rari, preziosi e ingannevoli. Perché, come in un gioco di specchi, la Cina autentica scivola in quella immaginata e costruita in Occidente, per ritornare, trasformata, all’originale.  Vetrugno ha esordito così: “Fare una mostra in un museo sarebbe stato senza dubbio più facile”.

ATP: Partiamo dal titolo di questo progetto, “Opium Den”. Cosa significa e perché lo hai scelto?

Maurizio Vetrugno: Il titolo è stato un po’ un escamotage, per cercare di evocare uno spazio di piacere, o che evocasse un’atmosfera un po’ fuori dallo spazio e dal tempo. In realtà, se ci penso, ci sono solo due o tre oggetti che possono richiamare una fumeria d’oppio, nella fattispecie c’è una pipa da tabacco (che è un mio lavoro), altre due cose sono dei miei ricami dove ci sono dei papaveri da oppio ricamati. In ogni caso, non c’è una presenza massiccia di papaveri o riferimenti al consumo dell’oppio. Il titolo nasce dunque per evocare uno spazio di evasione che fosse, sostanzialmente, collegato alla Cina.

ATP: In ogni caso, anche un richiamo non palese all’uso dell’oppio mi sembra calzare con uno spazio che, dentro ad una fiera d’arte, vuole essere un momento di sospensione o rapimento.

MV: Certo, tra tutte le droghe l’oppio è la sostanza che ha più rimandi alla storia della letteratura occidentale. De Quincey, Coleridge, Poe, Gautier, Baudelaire, Nerval, Hugo, Novalis… c’è una vasta schiera di poeti romantici che hanno tratto vantaggio per la loro ispirazione. Dunque uno spazio simile in questo contesto è senza dubbio stimolante, anche a livello concettuale. Anche nella Parigi degli anni ’20, ma anche nella Hollywood degli anni ’20 – ’30, l’uso delle droghe era marginale, ma comunque molto più diffuso di adesso. In ogni caso, le ragioni del titolo “Opium Den” sono sostanzialmente di ordine evocativo e provocatorio.

 

Elena Bordignon

 

 

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